Fotografie di Norberto Tosetti
I mascheroni grotteschi di Raffaele Palma nascono da una innata predisposizione alla plasticità scultorea e al gusto per l’estremo formale e irriverente.
Raffaele Palma è il maggiore conoscitore di mascheroni grotteschi del Capoluogo Subalpino: la sua guida, tradotta in numerose lingue ed edita dalla Città di Torino, intitolata “Torino Arguta” ripercorre in sintesi la ricerca espositiva “Ghigni, ringhi e smorfie dal 1500 ad oggi nell’Architettura e nei Monumenti Torinesi”.
Importanti sono i due alfabeti (capolettera miniati) che hanno ripercorso graficamente quello che il Palma da anni propone in ceramiche, terrecotte e gessi: “Alfabeto grottesco“ e “Alfabeto medioevale”.
L’autore ha studiato l’arte del grottesco attraverso le maschere tribali, i mascheroni orientali, quelli medioevali, barocchi e rococò, sino all’arte moderna. La sua proposta è raffigurare in un’unica espressione differenti varianti di stati d’animo e di coscienza (grottesco seriale).
Attraverso l’aggiunta o l’eliminazione di piccoli dettagli che contornano il volto (o muso) del mascherone, Raffaele Palma vuole sottolineare la vanità, la paura, l’orgoglio, l’astuzia, la stupidità, la rassegnazione, la grinta, ecc. dell’animo umano.
In particolare, nel “Grottesco San Carlo”, l’artista fa rivivere un’antica leggenda di un mascherone posto su una fontanella di Piazza San Carlo in Torino. All’epoca, qualcuno raccontava che nelle notti freddissime dei lunghi periodi invernali, il mascherone che sorreggeva dalla bocca l’ugello del getto d’acqua ghiaccio, trovasse riparo dentro il cortile di una casa adiacente, cambiando espressione per non essere riconosciuto. Al primo albeggio poi ritornava a posizionarsi sulla fontanella, dissetando per tutta la giornata i cavalli e i passanti di ogni sorta.
Grottesco è tutto ciò che è buffo, goffo, innaturale e muove il riso pur senza rallegrare. I mascheroni grotteschi di Palma offrono anche uno spicchio di ilarità, tradizione e simbologia arcana.